"Lui aveva scelto le spalle e delle bretelle ben in vista per andare via. Quel giorno. Una camicia bianca e stirata di fresco.Dei calzoni ampi e delle scarpe all’inglese; stringate, di colore scuro che bolinava verso il marrone, come d’inverno. Anche se era estate piena, in verità. E una sacca da postino en bandoulière. Aveva scelto la nuca; il principio del collo e non la gola; quella sarebbe stata di lei nel modo in cui era solita rovesciarla nell’istante del piacere, nel porgere il declivio verso il precipizio. Prima di ogni altra cosa e di ogni sottile dettaglio. E aveva scelto le parole come tanti fendenti e il veleno, e il miele dosati in giuste parti per poter andare senza doversi poi voltare ancora. Senza dover esitare e rimpiangere la scelta. Questo pensava. Questo credeva. Lei sapeva che sarebbe stato in quel modo; l’intemperanza del gesto, l’incostanza e l’imminenza dell’abbandono. Sapeva le circostanze per via del mare, nel mezzo, per via dei capelli e degli occhi, della barba a metà, a volte, e di quella sua bocca che l’aveva baciata come per succhiare un riccio. A lungo. Ferendole la lingua, a tratti. Prima di fare l’amore.Di morsi svelti e crudeli che l’avevano condotta quasi al punto in cui poi.Lo sai, non è vero?Sapeva ogni cosa più di quanto lui non immaginasse ed era il tributo che gli avrebbe consegnato. Lui aveva deciso ma non per banalità oppure per noia; solo era venuto il momento e niente avrebbe dovuto essere più in attesa. Nulla doveva essere più speranza o sogno. O premonizione romantica. Così l’aveva cercata accanto al luogo dove erano stati, giorni prima, dietro la limonania; poco al di sopra della casa abbandonata; l’aveva portata lì e le aveva spiegato. Lei non voleva ascoltare, non intendeva farlo; si ostinava nel cercare di trattenerlo, a dispetto di tutto; sbottonava e levigava con le dita, saggiava le parole senza valutarle, soffiando il respiro contro le parole e le frasi monche, sino a che lui non le tirò su la faccia di scatto; il pollice sotto il mento; bruscamente, e le fece quella precisa domanda. (perché io?) Lei era bella di una bellezza anodina; puntuta e liscia insieme, scoscesa nel corpo e accogliente, tuttavia. Fu un istante; le fu sufficiente quell’attimo in cui lui si distrasse per interrogarla, ancora, per fare, e perché ogni cosa divenisse compiuta. Si mosse impercettibilmente e a piccoli passi sino al tavolo, a ritroso, mormorando senza che lui capisse nitidamente, sollevò i glutei e si sedette, e divaricò le gambe affinché la visione di quello che era stato sempre, sempre, ogni singola notte in quei mesi, e in ogni momento in cui vi era stato sangue e pelle, non gli fosse negata, quel giorno soprattutto. Lui non mise a fuoco da subito, non l’intento, non la supplica smodata e glielo permise; di slacciare i bottoni, liberare il palpito. Di. ( perché te ne vai via così?) E allora le permise le cose, tutte quante, tutte; le cosce alte contro i suoi fianchi, e fiere, forti, e le spinte, il dondolare pigro, e la litania del fiato contro le labbra, del seno contro il petto, e le mani , e le dita, e la lentissima preghiera del vento, fuori, del vento dentro, del vento e basta. E in quell’istante fu come se non ci fossero camicie bianche e bretelle, e borse da riempire e scarpe per camminare. E nemmeno lenzuola o gemiti, o promesse, oppure silenzi da rispettare. E fiele e veleno, e miele per riparare. In quell’istante che era l’ultimo soltanto dei loro due nomi.
Lei sapeva che sarebbe stato in quel modo; l’intemperanza del gesto, l’incostanza e l’imminenza dell’abbandono. Lo aveva sempre saputo senza che potesse mettersene al riparo, tuttavia. Sapeva le circostanze per via del mare, nel mezzo, per via dei capelli e degli occhi, della barba a metà, a volte, e di quella sua bocca che l’aveva baciata come per succhiare un riccio. E per via di quello che lui non aveva mai, mai pronunciato.
(perché io sono di tutti e non sono di niente e soltanto di me e perché il mare separa a volte
infilati un nome nella sacca che porti in spalla e sali in barca c'è sempre bisogno di gente che ha voglia di raccontare sarà un vero piacere averti a bordo e il tuo nome non dovrà essere quello dei tuoi pezzi di carta sulla Black Pearl non servono etichette solo un modo per non chiamarti Ehitu
"Lui aveva scelto le spalle e delle bretelle ben in vista per andare via.
RispondiEliminaQuel giorno. Una camicia bianca e stirata di fresco.Dei calzoni ampi e delle scarpe all’inglese; stringate, di colore scuro che bolinava verso il marrone, come d’inverno. Anche se era estate piena, in verità. E una sacca da postino en bandoulière.
Aveva scelto la nuca; il principio del collo e non la gola; quella sarebbe stata di lei nel modo in cui era solita rovesciarla nell’istante del piacere, nel porgere il declivio verso il precipizio. Prima di ogni altra cosa e di ogni sottile dettaglio. E aveva scelto le parole come tanti fendenti e il veleno, e il miele dosati in giuste parti per poter andare senza doversi poi voltare ancora. Senza dover esitare e rimpiangere la scelta. Questo pensava. Questo credeva. Lei sapeva che sarebbe stato in quel modo; l’intemperanza del gesto, l’incostanza e l’imminenza dell’abbandono. Sapeva le circostanze per via del mare, nel mezzo, per via dei capelli e degli occhi, della barba a metà, a volte, e di quella sua bocca che l’aveva baciata come per succhiare un riccio.
A lungo. Ferendole la lingua, a tratti.
Prima di fare l’amore.Di morsi svelti e crudeli che l’avevano condotta quasi al punto in cui poi.Lo sai, non è vero?Sapeva ogni cosa più di quanto lui non immaginasse ed era il tributo che gli avrebbe consegnato.
Lui aveva deciso ma non per banalità oppure per noia; solo era venuto il momento e niente avrebbe dovuto essere più in attesa. Nulla doveva essere più speranza o sogno. O premonizione romantica.
Così l’aveva cercata accanto al luogo dove erano stati, giorni prima, dietro la limonania; poco al di sopra della casa abbandonata; l’aveva portata lì e le aveva spiegato. Lei non voleva ascoltare, non intendeva farlo; si ostinava nel cercare di trattenerlo, a dispetto di tutto; sbottonava e levigava con le dita, saggiava le parole senza valutarle, soffiando il respiro contro le parole e le frasi monche, sino a che lui non le tirò su la faccia di scatto; il pollice sotto il mento; bruscamente, e le fece quella precisa domanda.
(perché io?)
Lei era bella di una bellezza anodina; puntuta e liscia insieme, scoscesa nel corpo e accogliente, tuttavia. Fu un istante; le fu sufficiente quell’attimo in cui lui si distrasse per interrogarla, ancora, per fare, e perché ogni cosa divenisse compiuta.
Si mosse impercettibilmente e a piccoli passi sino al tavolo, a ritroso, mormorando senza che lui capisse nitidamente, sollevò i glutei e si sedette, e divaricò le gambe affinché la visione di quello che era stato sempre, sempre, ogni singola notte in quei mesi, e in ogni momento in cui vi era stato sangue e pelle, non gli fosse negata, quel giorno soprattutto. Lui non mise a fuoco da subito, non l’intento, non la supplica smodata e glielo permise; di slacciare i bottoni, liberare il palpito.
Di.
( perché te ne vai via così?)
E allora le permise le cose, tutte quante, tutte; le cosce alte contro i suoi fianchi, e fiere, forti, e le spinte, il dondolare pigro, e la litania del fiato contro le labbra, del seno contro il petto, e le mani , e le dita, e la lentissima preghiera del vento, fuori, del vento dentro, del vento e basta. E in quell’istante fu come se non ci fossero camicie bianche e bretelle, e borse da riempire e scarpe per camminare. E nemmeno lenzuola o gemiti, o promesse, oppure silenzi da rispettare. E fiele e veleno, e miele per riparare. In quell’istante che era l’ultimo soltanto dei loro due nomi.
Lei sapeva che sarebbe stato in quel modo; l’intemperanza del gesto, l’incostanza e l’imminenza dell’abbandono. Lo aveva sempre saputo senza che potesse mettersene al riparo, tuttavia. Sapeva le circostanze per via del mare, nel mezzo, per via dei capelli e degli occhi, della barba a metà, a volte, e di quella sua bocca che l’aveva baciata come per succhiare un riccio.
E per via di quello che lui non aveva mai, mai pronunciato.
(perché
io sono di tutti e non sono di niente
e soltanto di me
e perché il mare separa a volte
e perché amo un’altra che non sei tu )"
infilati un nome nella sacca che porti in spalla
Eliminae sali in barca
c'è sempre bisogno di gente che ha voglia di raccontare
sarà un vero piacere averti a bordo
e il tuo nome non dovrà essere quello dei tuoi pezzi di carta
sulla Black Pearl non servono etichette
solo un modo per non chiamarti
Ehitu
Blake